Preavviso e TFR

Questa pagina è stata aggiornata il 10-12-2023

Preavviso

Secondo l’articolo 2118 del Codice Civile, ciascuna delle parti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato dando un congruo preavviso o, da parte del datore di lavoro, un’indennità sostitutiva del preavviso. 

La durata del periodo di preavviso varia a seconda dell’anzianità professionale, delle qualifiche e del livello professionale del lavoratore ed è di norma stabilita dai contratti collettivi. Per esempio, il CCNL dei lavoratori metalmeccanici prevede un preavviso che va dai 7 giorni per la categoria 1a con meno di 5 anni di anzianità, ai 4 mesi per i lavoratori delle categorie 6a e 7a con più di 10 anni di servizio. Il preavviso non è previsto per i contratti a tempo determinato e durante il periodo di prova.

Il preavviso deve sempre essere dato in forma scritta.

Il datore di lavoro ha il diritto di recedere unilateralmente dal contratto di lavoro in caso di giusta causa (grave mancanza del dipendente), giustificato motivo (grave inadempienza da parte del datore di lavoro o del lavoratore), o quando un lavoratore supera il periodo di congedo per malattia cui ha diritto.

In questi casi, il preavviso non è richiesto.

Per giusta causa si intende una grave mancanza del dipendente che rende impossibile la prosecuzione del contratto di lavoro, anche solo provvisoriamente (art. 2119 del Codice Civile). Esempi di giusta causa sono il furto e il deliberato danneggiamento delle proprietà del datore di lavoro, che comportano il cosiddetto licenziamento ‘in tronco’.

Anche un lavoratore dipendente può recedere dal contratto per giusta causa senza bisogno di dare un preavviso. Il lavoratore ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso. Esempi di grave mancanza da parte del datore di lavoro includono il ritardo nel pagamento dello stipendio o l’incapacità di fornire un ambiente di lavoro sicuro.

In caso di giustificato motivo (soggettivo o oggettivo), il datore di lavoro è tenuto a dare il preavviso. Il licenziamento per giustificato motivo è dovuto anch’esso al mancato rispetto degli obblighi contrattuali, ma non così grave da giustificare un licenziamento in tronco. Esempi di giustificato motivo sono la negligenza o lo scarso rendimento da parte del lavoratore.

Il licenziamento basato su motivi oggettivi è legato a ragioni economiche, come la riorganizzazione produttiva o organizzativa dell’azienda. Il giustificato motivo oggettivo si verifica quando il posto di quel lavoratore non è più necessario e non è possibile inserirlo nel contesto aziendale in altre mansioni. 

Fonte: Art. 18 della Legge 20 maggio 1970 - Statuto dei lavoratori; Art. 40-42 della Legge 28 giugno 2012, n. 92 - Riforma del lavoro Fornero

Trattamento di Fine Rapporto

Il Codice Civile (art. 2120) prevede l’indennità di fine contratto chiamata TFR (Trattamento di Fine Rapporto) come una forma differita di stipendio. Il TFR viene, infatti, pagato al lavoratore alla fine del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla ragione per cui il contratto si è concluso (dimissioni o licenziamento). Il TFR dipende dallo stipendio e dall’anzianità del lavoratore, e si calcola annualmente dividendo la retribuzione dell’anno per 13,5 (corrispondente al 7,4 % dello stipendio annuale). Tutte le somme annuali ottenute sono rivalutate annualmente con l’applicazione di un tasso di interesse fisso dell’1,5%, a cui si aggiunge un tasso variabile del 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo, così da compensare l’inflazione. Il lavoratore può ottenere il pagamento anticipato di parte del TFR (fino a un massimo del 70% dell’importo maturato) in caso di spese sanitarie straordinarie per il lavoratore stesso o per un membro della sua famiglia, o in caso di acquisto della prima casa per se stesso o per i figli. Dalla riforma del TFR del 2005, il lavoratore può decidere se lasciare il TFR maturando all’interno dell’impresa o trasferirlo a un fondo pensionistico statale o complementare. Oltre al TFR, ci sono indennità di licenziamento minori, come l’indennità sostitutiva del preavviso, l’indennità per le ferie non godute, le quote di tredicesima e quattordicesima maturate nell’anno.

In caso di licenziamento ingiustificato, la legge prevedeva il pagamento di due mesi di stipendio per ogni anno di servizio, con un minimo di quattro mesi e un massimo di 24 mesi di retribuzione. Ai sensi del Decreto Dignità, approvato dal Parlamento nell'agosto 2018, il pagamento minimo per licenziamenti ingiustificati è stato portato a sei mesi mentre il pagamento massimo è stato aumentato a 36 mesi.

Fonte: Legge 29 maggio 1982, n. 297; Decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 (Decreto di dignità - Decreto sulla dignità)

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