Garanzia del Posto di Lavoro

Questa pagina è stata aggiornata il 10-12-2023

Elementi scritti del contratto di lavoro

Sia il Codice Civile (art. 2095), sia i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) classificano i lavoratori dipendenti in quattro categorie: colletti blu, colletti bianchi, quadri e dirigenti. I quadri sono la categoria intermedia fra colletti bianchi e dirigenti. I CCNL dividono i colletti blu e i colletti bianchi in diversi livelli professionali, secondo le competenze e le relative responsabilità. Un contratto di lavoro può essere stipulato fra le parti per un periodo indeterminato o determinato. La legge non fa esplicitamente riferimento a un contratto scritto, ma alcune condizioni dell’accordo devono essere scritte per essere valide, come il periodo di prova, i limiti di tempo del contratto a tempo determinato e le clausole di non concorrenza. Entro 30 giorni dall’inizio del rapporto di lavoro, il datore di lavoro deve comunicare per iscritto al lavoratore le seguenti informazioni: identità delle parti, luogo di lavoro e sede o domicilio del datore di lavoro, data di inizio del contratto, durata del contratto (specificando se si tratta di tempo determinato o indeterminato), periodo di prova (se presente), categoria/livello o denominazione dell’impiego e breve descrizione del lavoro, stipendio iniziale e tempi di pagamento, durata e modalità di godimento delle ferie pagate, orario di lavoro, durata del preavviso di rottura del contratto.

Se un lavoratore è licenziato prima di aver completato i primi 30 giorni di lavoro, è tenuto a ricevere un documento contenente le informazioni sopraelencate. Se è in vigore un contratto collettivo, il datore di lavoro deve fare riferimento solo a quanto previsto nel CCNL per quel riguarda la durata del periodo di prova, lo stipendio iniziale, la durata delle ferie pagate, l’orario di lavoro e la durata del preavviso in caso di rottura del contratto. 

La legge n. 81 del 2017, denominata "Jobs act del lavoro autonomo", introduce alcune garanzie per i lavoratori autonomi relativamente alla gestione dei contratti con i clienti ed estende alcuni diritti di previdenza sociale a tali lavoratori in caso di malattia, incidente e maternità.

La legge definisce come abusivi alcuni atti del cliente, rendendo nullo il contratto nei seguenti casi:

  1. il cliente ha il potere unilaterale di modificare le condizioni contrattuali o il diritto di recedere da un contratto per prestazioni successive senza preavviso;
  2. l’accordo specifica il pagamento della retribuzione a più di 60 giorni;
  3. il cliente si rifiuta di concludere il contratto per iscritto.

La nuova legge prevede un aumento del congedo parentale (fino a 6 mesi in totale) per i lavoratori autonomi che hanno perso il lavoro contro la loro volontà. Le lavoratrici hanno diritto a ricevere prestazioni di maternità anche se continuano a lavorare. In caso di gravidanza, malattia e infortuni, il rapporto di lavoro può essere sospeso per un periodo annuo massimo di 150 giorni su richiesta del lavoratore, tranne nel caso in cui gli interessi del datore di lavoro siano contrari a tale sospensione del lavoro. Le lavoratrici possono anche fornire un sostituto per svolgere le loro mansioni, previo consenso del cliente. In caso di malattia grave o incidente che impediscano lo svolgimento delle attività per oltre 60 giorni, il pagamento dei contributi di previdenza sociale e dei premi assicurativi è sospeso per un periodo massimo di due anni. Durante tale periodo, il lavoratore autonomo può versare i contributi e i premi a determinate condizioni stabilite dalla nuova legge.

Fonte: Art. 1 e 2 del Decreto Legislativo 26 maggio 1997, n. 152; Arte. 1-17 della legge n. 81/2017

Contratto a tempo determinato

Il lavoro a tempo indeterminato (permanente) è la forma standard di impiego, anche se, per ragioni tecniche, produttive, organizzative o di sostituzione (per esempio di una lavoratrice in maternità), i contratti possono essere a tempo determinato. 

Il contratto a tempo determinato deve essere scritto e la sua durata deve essere indicata espressamente. Se il contratto non è in forma scritta, è da considerarsi un contratto a tempo indeterminato (permanente). Tuttavia, i contratti a tempo determinato non sono permessi nei seguenti casi: sostituzione di lavoratori in sciopero; unità produttive in cui, entro i sei mesi precedenti, ci siano stati licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato (salvo diversa disposizione degli accordi sindacali); casi in cui il datore di lavoro non è in grado di rispettare le norme sulla salute e la sicurezza; e nelle aziende in cui sono stati sospesi lavoratori a tempo indeterminato che svolgevano le stesse mansioni dei nuovi assunti a tempo determinato.

Il Decreto Legge 20 marzo 2014 prevede che nel contratto a termine non si debba specificare la causale.

La legge stabilisce un tetto all’utilizzo di questo tipo di contratto, stabilendo che il numero massimo di lavoratori a tempo determinato assunti da un datore di lavoro non può superare il 20% dei lavoratori a tempo indeterminato alle sue dipendenze. Per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è comunque sempre possibile stipulare un contratto a tempo determinato.

In caso di successivi contratti a tempo determinato fra le stesse parti e per mansioni equivalenti, la durata massima del contratto è di 36 mesi (incluse le cinque proroghe previste per legge, i rinnovi e i contratti di lavoro temporaneo tramite agenzia). Se il rapporto di lavoro supera i 36 mesi, può essere considerato a tempo indeterminato.  

Se il termine iniziale del contratto è inferiore ai 3 anni, il contratto può essere prorogato una sola volta per lo svolgimento delle stesse mansioni, con il consenso del lavoratore e solo in presenza di ragioni oggettive che ne giustificano l’estensione. Le ragioni devono essere specificate con chiarezza. Nel caso in cui le condizioni non siano rispettate, il contratto si considera a tempo indeterminato.

Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine iniziale (per più di 30 giorni se il termine iniziale è meno di 6 mesi, o per più di 50 giorni negli altri casi), il contratto si considera a tempo indeterminato.

Un contratto a tempo determinato può essere rinnovato fra le parti, per le stesse mansioni e per un periodo complessivo di 36 mesi al massimo, se sono passati almeno 60 giorni dalla scadenza del primo contratto (nel caso in cui questo avesse avuto una durata inferiore ai 6 mesi), almeno 90 giorni negli altri casi. Se questa condizione non è soddisfatta, il contratto si considera a tempo indeterminato. 

I contratti a tempo determinato stipulati con i dirigenti possono avere una durata massima di 5 anni. Questi contratti non richiedono il rispetto delle ragioni che giustificano normalmente il tempo determinato, né la presenza della causale all’interno del contratto.

Con il Decreto Dignità, approvato dal Parlamento nell'agosto 2018, sono stati introdotti molti cambiamenti relativamente ai contratti a tempo determinato. Tutti i contratti a tempo determinato rinnovati in seguito all’approvazione della legge devono contenere la causale per cui si procede con il rinnovo del contratto a termine piuttosto che trasformarlo in un contratto a tempo indeterminato. Tuttavia, in caso di estensione del contratto, la causale deve essere inclusa solo se la durata totale del contratto supera i 12 mesi. Entro i 12 mesi il contratto può essere rinnovato senza bisogno di alcuna giustificazione. La durata massima dei contratti a tempo determinato è stata ridotta da 36 a 24 mesi. Anche il numero di volte che un contratto a tempo determinato può essere esteso è passato da cinque a quattro volte.

Per il rinnovo dei contratti a tempo determinato, i datori di lavoro sono tenuti a pagare un ulteriore 0,5% come contributo di previdenza sociale, che si aggiunge all'1,4%, già pagato dai datori di lavoro per i contratti a tempo determinato.

Il Decreto Dignità modifica anche le regole sul lavoro interinale. Il periodo della prestazione ottenuta tramite un’agenzia di lavoro temporaneo non può superare i 24 mesi ed è soggetta all'obbligo di causale richiesta per i contratti a tempo determinato.

Ferme restando le disposizioni più favorevoli già previste dalla normativa vigente, il lavoratore che abbia maturato un'anzianità di almeno sei mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente e che abbia maturato l'eventuale periodo di prova può chiedere una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibili. Il lavoratore richiedente, che abbia ricevuto risposta negativa, può presentare una nuova richiesta trascorsi almeno sei mesi dalla precedente. Il diritto di cui sopra può essere esercitato a condizione che il lavoratore esprima la propria volontà per iscritto al datore di lavoro o al committente e, entro un mese dalla richiesta del lavoratore, il datore di lavoro o il committente fornirà una risposta scritta motivata. In caso di reiterata richiesta da parte di un lavoratore di contenuto analogo, le persone fisiche, quali datori di lavoro o imprese che impiegano fino a cinquanta dipendenti, possono rispondere oralmente se la motivazione della risposta rimane invariata rispetto alla precedente.

Fonte: Decreto 6 settembre 2001, n. 368; Art. 9 della Legge 28 giugno 2012, n. 92 - Riforma del lavoro Fornero; Art. 1 del Decreto 20 marzo 2014, n. 34; Decreto 12 luglio 2018, n.87 (Decreto Dignità); Art. 10 del DECRETO LEGISLATIVO 27 giugno 2022, n. 104. Attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea.

Periodo di prova

I contratti di lavoro possono prevedere un periodo di prova. Durante il periodo di prova, le parti possono recedere dal contratto senza obbligo di preavviso né di indennità. La durata del periodo di prova è stabilita dal contratto collettivo, anche se la durata massima è di sei mesi per tutte le categorie di lavoratori. Il CCNL dei Metalmeccanici prevede un mese di prova per i lavoratori della categoria 1°, un mese e mezzo per le categorie 2° e 3°, tre mesi per le categorie 4°, 5° e livello superiore; sei mesi per le categorie 6° e 7° (il periodo di prova è ridotto per i lavoratori che hanno almeno 2 anni di esperienza nella stessa professione o che hanno terminato l’apprendistato in un’altra azienda). Il Codice Civile prevede inoltre che il periodo di prova sia chiaramente indicato nel contratto scritto e che cominci con il primo giorno di lavoro. Se queste condizioni non sono soddisfatte, il periodo di prova si considera nullo e il contratto si ritiene a tempo indeterminato. Se il periodo di prova si conclude con successo, il lavoratore è assunto a tutti gli effetti. Il periodo di prova sarà incluso nel calcolo del periodo di anzianità del lavoratore.

Fonte: Art. 10 della Legge 15 luglio 1966, n. 604 - Norme sui licenziamenti individuali; Art. 2096 del Codice Civile

Leggi sulla garanzia del posto di lavoro

  • Codice civile (Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 262, aggiornato nel 2013) / Civil Code (Royal Decree of 16th March 1942, n. 262, revised in 2013)
  • Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 345 / Legislative Decree of 4th August 1999, n. 345
  • CCNL Metalmeccanici / Metal Workers collective agreement
  • Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66, integrato e modificato dal Decreto Legislativo 19 luglio 2004, n. 213 / Legislative Decree of 8th April 2003, n. 66, as modified by the Decree of 19th July 2004, n. 213
  • Legge 27 maggio 1949, n. 260, modificata dalla Legge 31 marzo 1954, n. 90 / Law of 27th May 1949, n. 260, as modified by the Law of 31th March 1954, n. 90
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